NOMADIC MONGOLIA

Nel 2015 Gengis Khan è ancora l’unico eroe della Mongolia, dalla birra nazionale all’aeroporto internazionale di Ulaan Bataar, ogni cosa porta fieramente il suo nome. Questo mi fa pensare che, da ottocento anni a questa parte, non c’è stato nessuno altro che abbia fatto qualcosa di importante per questo paese.

Forse è grazie a questo immobilismo e isolamento che qui in Mongolia vivono gli ultimi nomadi rimasti al mondo.

La loro vita quotidiana è in buona parte ferma ai tempi del loro unico paladino e fatta eccezione per una moto sgangherata, vecchi telefonini che raramente trovano campo, una parabola per la televisione e a volte un pannellino solare, i nomadi della steppa resistono con determinazione ai cambiamenti praticando rituali tramandati da generazioni. La pastorizia rimane l’unica fonte di sostentamento possibile e per questo ogni anno le famiglie si spostano alla ricerca dei migliori pascoli per gli animali che garantiscono a tutta la famiglia cibo, trasporto, calore e abbigliamento.  A me è sembrato un Paese immenso e duro, in cui la maggior parte dei nomadi vive distante giorni di viaggio da ogni tipo di servizio, confort e civiltà. Di tutto questo viaggio ricorderò per sempre la grandiosità dei paesaggi e il silenzio, interrotto solamente dal belare delle pecore e dal passaggio di cavalli al galoppo.