IN BOLIVIA DA SOLA. COME SI PARTE

Una cholita boliviana cammina per le strade di Sucre

27 luglio 2013 – 

Sei ore di volo sono andate, ne mancano altrettante per raggiungere Lima, dove mi aspettano 6 ore di stop in aeroporto prima di prendere l’ultimo volo che in 5 ore e mezza e una fermata tecnica a Santa Cruz, mi porterà a La Paz, la capitale più alta del mondo, in Bolivia.

Aggiungendo la tratta Milano-Madrid calcolo la stupefacente durata di TRENTA ORE DI VIAGGIO.

Ho fame, odio non sapere quando si mangia, andrebbe comunicato assieme agli orari del volo: pasto forte a 3 ore dalla partenza, snack salato dopo 7 , colazione a 2 ore dall’atterraggio. Così smetterei di sperare.La bambina a fianco a me piagnucola da 1 ora, lei pero’ almeno mangia le patatine. La madre é francese, il padre peruviano, lei é tutta nera, occhi, pelle carnagione e mi ricorda non so perché il musetto della mia sorellina Costanza. In questo lasso di tempo oltre a mangiare e dormire dovrei decidere dove dirigermi una volta raggiunta La Paz. Fino ad oggi non ho aperto una guida

La mia conoscenza della Bolivia si limita a un ammasso indefinito di altipiani  con il Salar dello Uyuni nel mezzo

Il mitico Salar de Uyuni è veramente l’unico luogo che conosco e il motivo che sole due settimane fa mi ha spinta a cercare un volo destinazione Bolivia. Finalmente in aereo apro la guida per la prima volta e scelgo la sezione “da e per in autobus”  delle principali località.

Al termine di un’approfondita analisi  la sintesi dei miei appunti recita una realtà agghiacciante:

  • Oruro -Uyuni 7 ore
  • Tupiza- Tarija 8 ore
  • Tarija -Potosí  dalle 12 alle 15 ore, se invece volessi raggiungere Sucre le ore diventano 18
  • Sucre – La Paz dalle 14 alle 16 ore
  • Cochabamba – Sucre 12 ore
  • Potosi -Sucre 3 ore (questa sembra essere l’unica tratta affrontabile)

Urge un piano. Faccio anche un piano B ma ho bisogno di un wi-fi per controllare voli interni e per sapere la verità su certi posti in Bolivia. Si perché ho  imparato a mie spese, che quello che una Lonely Planet definisce caratteristico e tranquillo con grande probabilità é un luogo dimenticato da dio devastato dalla miseria.

Finalmente un panino, al tonno e olive, con il succo di arancia. E poi una cicca alla menta offerta dalla signora peruviana seduta a fianco a me. Ci ho fatto due chiacchiere, è una donna triste, sradicata dal suo paese per vivere a Vienna con sua sorella sposata con un austriaco e con il quale ha fatto due figli. Lei invece niente amore, niente lavoro, soffre di attacchi di panico, beve coca cola dall’inizio del viaggio per prevenire il mal di pancia, torna in Perú per assistere la madre malata. Cerco di non lasciarmi travolgere da tanta desolazione eppure ne vengo investita in pieno. Visto cosí l’inizio di questo viaggio non sembra dei migliori: mi porto sulle spalle il dolore di un grande amore svanito, la desolazione della vita della donna con la quale condivido 12 ore di spazio e  la consapevolezza che sono totalmente impreparata ad affrontare i prossimi giorni.

Eppure sono ottimista. Colonna sonora di questo momento Moby.

(Presto un post su come è andato a finire veramente il mio incredibile viaggio in Bolivia. Stay tuned….)

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