Credo che il seme del mio amore per i viaggi e la fotografia mi sia stato inconsapevolmente trasmesso da mia madre.
E’ un’intuizione che ho avuto pochi giorni fa mentre ero sul tram diretta in centro a Milano.
Avevo più o meno sette anni, vivevo a Bruxelles con la mia famiglia e così, per combattere il tedio dei fine settimana, mia mamma trascinava me e mio padre al mercatino delle pulci, ma noi lo chiamavamo semplicemente “il mercatino”.
Lo allestivano di domenica nel parcheggio di un supermercato chiuso, in una piazza o sotto un ponte nel quartiere di Auderghem. Vagabondavo per ore la mattina presto, immersa nell’aria intrisa dell’odore di patatine fritte cipolla e maionese, in uno spazio infinito di vecchia roba e sguardi spenti. Al mercatino io mi annoiavo da morire.
Fino al giorno in cui mia madre mi affidò un compito importante: cercare gli uccellini. Lei li collezionava, ma dovevano essere in porcellana e con il timbro sotto la base – altrimenti non hanno valore, hai capito tesoro? – Avevo capito e ricordo che quando trovavo quelli con il bollino blu era un festa, perché erano quelli di Villeroy & Bosh, i più preziosi. Da quel momento sono diventata un segugio, ho imparato a canalizzare il mio interesse, a isolare e dare valore a un dettaglio. Man mano che crescevo, quel dettaglio cambiava, ho iniziato a cercare altre cose per mia mamma, poi per me, fino a far diventare quel passatempo domenicale una passione vera, capace come poche altre di stimolare la mia creatività.
Avevo sviluppato un modo di vivere le cose e i posti che mi piaceva.
Oggi per me viaggiare è un po’ questo, se scelgo di partire per Paesi non sempre facili e belli in senso stretto , lo faccio perché è quando sembra che non ci sia niente da vedere che esplode la mia voglia di guardare.
Il bisogno di distinguere quello che mi fa dire “wow”, da tutto il resto.